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ANALISI DELLA CIRCOLARE DELL'ISPETTORATO NAZIONALE LAVORO N. 3/2017
Già ci pensa non di rado il legislatore a mettere in difficoltà imprese ed operatori con norme sulla sicurezza del lavoro oscure e contraddittorie. Ma di quando in quando non sono da meno gli organi istituzionalmente chiamati a dare in materia chiarimenti interpretativi.
È la volta dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che con la circolare n. 3 del 12 ottobre 2017 si propone di “fornire indicazioni operative sulle sanzioni da applicare in caso di omessa sorveglianza sanitaria”, “al fine di assicurare l’uniformità di comportamento da parte di tutto il personale ispettivo nell’adozione dei provvedimenti sanzionatori”. Il risultato è un’analisi che non coglie l’intero arco delle violazioni riscontrabili e dei soggetti punibili. E ancor peggio è un’analisi minata da un imbarazzante equivoco.
La circolare premette che “nell’ambito della normativa in materia di salute e sicurezza la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, così come declinata dall'art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008, diviene un obbligo nel momento in cui la valutazione dei rischi evidenzi la necessità di sottoporre il lavoratore a sorveglianza sanitaria”. In tal guisa mostra di far riferimento alla sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente, nominato ex art. 18, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008 dal datore di lavoro o dal dirigente e operante in una delle qualità precisate nell’art. 39, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008 (“La sorveglianza sanitaria” -
Già con questa falsa partenza, nella dichiarata prospettiva della sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente, la circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro opera un artificioso distinguo tra “tutti i casi in cui la normativa vigente prevede l’obbligo della sorveglianza sanitaria” e “i casi in cui si debba valutare lo stato di salute del lavoratore, al fine dell’affidamento dei compiti specifici, che non dipendono dai rischi presenti nell'ambiente di lavoro, ma dalla capacità del lavoratore stesso di svolgerli (es. lavori in quota, lavori in sotterraneo o in ambienti chiusi in genere, lavori subacquei, ecc.)”. E con riguardo alla prima categoria di casi, indica la violazione dell’art. 18, comma 1, lettera g), D.Lgs. n. 81/2008, mentre con riguardo alla seconda categoria indica la violazione dell’art. 18, comma 1, lettera c) D.Lgs. n. 81/2008.
Quanto alla prima categoria, sarebbe stato opportuno ricordare agli ispettori ulteriori contravvenzioni: il datore di lavoro e il dirigente violano l’art. 18, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008, qualora omettano di “nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo”; il medico competente viola l’art. 25, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008, qualora ometta di effettuare “la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41”; i lavoratori violano l’art. 20, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 81/2008, qualora omettano di “sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente”.
Per quel che poi concerne la seconda categoria di casi, nessun dubbio che l’art. 18, comma 1, lettera c), D.Lgs. n. 81/2008 (il datore di lavoro e i dirigenti, “nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”) detta una norma tanto trascurata quanto fondamentale. E tuttavia una norma di per sé inidonea a rendere obbligatoria la sorveglianza sanitaria da parte del medico competente al di fuori dei casi espressamente e tassativamente previsti dall’art. 41, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008.
Il fatto è che l’art. 5 Statuto dei Lavoratori vieta gli accertamenti sanitari sui lavoratori da parte del datore di lavoro, e che a questo divieto deroga l’art. 41, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, norma dunque applicabile ai soli casi espressamente e tassativamente previsti. Al di fuori di tali casi, l’unica strada percorribile è quella del controllo sanitario sull’idoneità affidato, non già al medico competente nominato dal datore di lavoro, bensì al medico pubblico in linea con il comma 3 dell’art. 5 Statuto dei Lavoratori. Ed è semmai in questo alveo che potrebbe avviarsi il discorso sulla violazione dell’art. 18, comma 1, lettera c), D.Lgs. n. 81/2008, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro e il dirigente non si preoccupino di richiedere al medico pubblico il giudizio sull’idoneità sanitaria del lavoratore alla mansione specifica al di fuori dei casi contemplati dall’art. 41, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008.