Menu principale:
RISCHI CONNESSI ALLE MOLESTIE E ALLE VIOLENZE NEL LUOGO DI LAVORO
Sono un milione 404 mila le donne tra 15 e 65 anni che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche sul luogo di lavoro, o da parte di un collega o di un datore di lavoro, o ricatti sessuali sul posto di lavoro.
Questo dato sconcertante è contenuto nel rapporto ISTAT “Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro” pubblicato il 13/2/2018.
Solo alcuni casi, la punta dell’iceberg, vengono alla luce in modo esplicito e possono essere contrastati con le norme codicistiche, il sommerso rimane invece confinato alla realtà aziendale alimentando condizioni di disagio, stress, paura e degrado.
Nonostante si senta l’esigenza di una disciplina organica che contrasti fenomeni tanto odiosi quanto diffusi occorre ricordare che le norme già oggi poste a tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori sono pienamente applicabili.
Il messaggio deve quindi essere diretto sia ai soggetti della prevenzione aziendale, sia agli organi di vigilanza: le norme del D.Lgs 81/08 che impongono ai datori di lavoro obblighi quali la valutazione dei rischi, la formazione, la vigilanza, la sorveglianza sanitaria ed inoltre l’art. 2087 del Codice Civile che affida all’imprenditore l’onere di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, sono strumenti immediatamente applicabili.
Vale ricordare che la Direttiva 2002/73/CE riporta alcune definizioni:
— discriminazione diretta: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga,
— discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell'altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari,
— molestie: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo,
— molestie sessuali: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma fisica, verbale o non verbale, avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona, in particolare creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Mentre l’art. 2, comma 1, lettera o, del D.Lgs. n. 81/2008, mutuando la definizione dell’OMS, stabilisce che la “salute” è lo “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità”.
Pare chiaro ed evidente che discriminazioni e molestie siano in grado di costituire un rischio per la salute e dunque suscettibili di una valutazione ai sensi degli articoli 17, 28 e 29 del D.Lgs 81/08.
A tale riguardo occorre ricordare che l’art. 28, comma 2, lettera a), del D.Lgs n. 81/2008 usa l’espressione “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa”. Dunque, debbono essere valutati tutti i rischi che si verificano durante l’attività lavorativa e non necessariamente a causa dell’attività lavorativa.
Quante valutazioni si occupano dei rischi connessi a discriminazioni e molestie ? E quante azioni di vigilanza si spingono a verificare questo aspetto ? Si tratta ovviamente di domande retoriche e il lettore può ben immaginare la risposta.
L’attenzione che in questi ultimi anni è stata dedicata, molto spesso solo sul piano formale, al rischio stress lavoro correlato ha distolto l’attenzione dal fatto che negli ambiti lavorativi sono molteplici i rischi di natura psicosociale. La difficoltà che i tecnici dei Servizi di prevenzione e protezione, ma anche quelli degli organi di vigilanza, trovano nell’affrontare questi temi è dovuta alla scarsa attenzione che i rispettivi percorsi formativi riservano a questa materia con la conseguente limitatezza delle competenze. Per queste figure è più facile occuparsi di rischi “tradizionali” piuttosto che addentrarsi in un terreno tutt’altro che semplice dove le azioni di prevenzione debbono agire a livello culturale e organizzativo.
Le aziende più grandi, che pure hanno cercato di governare la materia, non hanno sempre ottenuto i risultati sperati laddove alle dichiarazioni formali, si pensi ad esempio a quante aziende hanno adottato dei codici etici, non è seguita una reale, sentita e costante pratica di quei modelli. Se un lavoratore si accorge, o semplicemente coglie dei segnali, di molestie a sfondo sessuale di cui è vittima una collega come si comporta ? Probabilmente, se questo lavoratore è inserito in una organizzazione nella quale vi è una forte motivazione al contrasto di tali comportamenti, a partire dal vertice aziendale l’episodio verrà segnalato e di conseguenza gestito, viceversa verrà taciuto.
L’accordo quadro europeo sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro firmato il 26 aprile 2007 dalle parti sociali europee a livello intersettoriale fornisce indicazioni per prevenire, riconoscere e gestire le situazioni di molestia e violenza. A partire dalla necessità di una maggiore consapevolezza e una formazione adeguata dei dirigenti e dei lavoratori. Secondo l’accordo le imprese debbono elaborare una dichiarazione precisa che indichi che le molestie e la violenza non saranno tollerate e specificare le procedure da seguire.
E’ necessaria una più attenta azione di verifica da parte degli organi di vigilanza che possa stimolare i servizi di prevenzione e protezione, i medici competenti e i datori di lavoro a farsi carico della valutazione del complesso dei rischi psicosociali e la gestione di tutte le forme nelle quali si possono verificare. A tale riguardo occorre ricordare che oltre alle molestie e ai fenomeni di violenza che possono derivare dai comportamenti di colleghi e superiori vi sono casi che derivano dall’azione di terzi. Al riguardo appare completa la definizione di EU-
E’ interessante notare che nel rapporto OIL “Ending violence and harassment against women and men in the world of work” del giugno 2018 si faccia riferimento al fatto che in alcuni paesi sono affidati agli “ispettori del lavoro” poteri specifici. Degli 80 paesi studiati dall’OIL, almeno 15 danno agli ispettori del lavoro il potere di interrompere il lavoro nel caso di violenza e molestie legate al lavoro. In dieci paesi, gli ispettori del lavoro hanno il potere di emettere ordini provvisori nei confronti dei datori di lavoro laddove riscontrino un rischio o casi di violenza e molestie legate al lavoro.
Ad esempio in Spagna, agli ispettori del lavoro vengono date istruzioni specifiche sulla violenza sul posto di lavoro e molestie e possono indagare su casi di molestie sessuali a seguito di una segnalazione o sulla base di altri criteri. In Danimarca sono stati sviluppati strumenti di orientamento per gli ispettori del lavoro per aiutarli a valutare in ciascun settore i più importanti fattori di rischio per la violenza legata al lavoro, le aggressioni, il lavoro notturno e il lavoro a turni lavoro, il bullismo e le molestie sessuali. In Finlandia, durante le visite, gli ispettori del lavoro possono somministrare ai lavoratori un questionario che comprende una sezione in cui viene chiesto ai lavoratori se la loro salute e la loro sicurezza è minacciata da comportamenti violenti sul lavoro, e se sono sottoposti a molestie.
E’ dunque auspicabile che anche in Italia vengano promosse iniziative volte a supportare gli organi di vigilanza ad affrontare questo tema a partire dal rafforzamento degli organici e dall’aggiornamento continuo del personale.
"1" Le molestie fisiche sessuali sul lavoro vengono rilevate dai 15 anni (età attiva dal punto di vista lavorativo) e si riferiscono ai tentativi da parte di colleghi, superiori o altre persone sul posto di lavoro di toccare, accarezzare, baciare la donna contro la sua volontà